Quando l’emergenza è nel cervello: perché, in caso di ictus, ogni minuto è prezioso

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Schlaganfall
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Sorgente: TCS MyMed

L’ictus può colpire chiunque, all’improvviso e senza preavviso. Ma un soccorso tempestivo può salvare la vita e impedire danni permanenti. Il PD Dr. med. Timo Kahles, medico dirigente di neurologia e co-responsabile dello Stroke Center dell’Ospedale cantonale di Aarau, ci spiega come riconoscere un ictus, cosa fare in caso di emergenza e perché la moderna diagnostica per immagini può salvare la vita anche quando l’ictus passa inosservato perché avviene di notte.

Dottor Kahles, da cosa si riconosce un ictus? Quali sintomi sono particolarmente allarmanti?
Un ictus di solito insorge all’improvviso. A seconda dell’area cerebrale colpita, i tipici campanelli d’allarme sono l’emiplegia o la perdita di sensibilità, l’abbassamento di un angolo della bocca (bocca «storta») e le difficoltà di parola o di linguaggio. Altri sintomi possono essere disturbi visivi o problemi di equilibrio. Anche un mal di testa forte e fulmineo può indicare l’imminenza di un ictus. In linea di massima, se i sintomi interessano solo un lato del corpo e insorgono all’improvviso, ecco, quello è un segnale d’allarme importante.

Quali sono le forme dell’ictus e come si differenziano?
L’ictus ischemico comporta l’ostruzione di un vaso sanguigno nel cervello, di solito dovuta un coagulo di sangue (tromboembolo) o a una vasocostrizione causata dall’aterosclerosi. Questa forma è responsabile all’incirca dell’85 per cento dei casi. L’ictus emorragico, invece, comporta la rottura di un vaso sanguigno che provoca un’emorragia di sangue nel tessuto cerebrale (emorragia intracerebrale) o, più raramente, tra le meningi (emorragia subaracnoidea).

Siccome i sintomi delle due forme spesso sono simili, è indispensabile ricorrere rapidamente alla diagnostica per immagini mediante tomografia computerizzata (TAC) o risonanza magnetica (RM) per determinare con certezza la causa. Distinguere le due forme è fondamentale anche per il trattamento. Le differenze, minime ma decisive dal punto di vista terapeutico, sottolineano l’importanza di centri specializzati nello studio dell’ictus (stroke unit e stroke center), in cui ricevere in tempi brevi una diagnosi strutturata, dall’esame clinico alla diagnostica per immagini ad alta risoluzione. Ogni minuto è prezioso e il trasporto tempestivo in un centro specializzato da parte dei servizi di soccorso (chiamata d'emergenza al 144) può fare la differenza tra la vita e la morte, e tra funzionalità e qualità della vita.

Perché il fattore tempo è così decisivo in caso di ictus?
Il tempo è un fattore critico in caso di ictus. Quando un vaso sanguigno è ostruito, come avviene nell’ictus ischemico, il tessuto cerebrale sottostante non riceve ossigeno e sostanze nutritive a sufficienza e inizia a morire. Prima viene riaperto il vaso ostruito, maggiori sono le possibilità di salvare il tessuto cerebrale interessato. Nel caso dell’ictus emorragico, il fattore tempo è decisivo per evitare l’allargarsi dell’emorragia o, in caso di forte perdita di sangue, per valutare rapidamente le misure di decompressione.

test (BE-)FAST per riconoscere un ictus

  • «B» sta per Balance (Equilibrio), cioè problemi di equilibrio, capogiri
  • «E» sta per Eyes (Occhi): disturbi visivi su uno o entrambi i lati, visione doppia
  • «F» sta per Face (Viso): un angolo della bocca non si solleva quando si accenna un sorriso.
  • «A» sta per Arm (Braccio): un braccio resta abbassato, quando si tenta di sollevare entrambe le braccia.
  • «S» sta per Speech (Linguaggio/parola): difficoltà nel parlare o nel comprendere.
  • «T» sta per Time (Tempo): il tempo è decisivo. 

Cosa deve fare il primo soccorritore se sospetta che si tratti di ictus?
La cosa più importante è chiamare immediatamente il 144 per permettere una diagnosi e un trattamento specifici in tempi rapidi. Il primo soccorritore deve anche verificare se la persona è cosciente, se respira normalmente e se c’è battito cardiaco. Se la persona ha perso i sensi, occorre metterla in posizione di recupero. È, inoltre, importante non porgerle cibo o bevande e non somministrarle anticoagulanti come l'aspirina.

Perché non si deve somministrare l’aspirina?
Senza la diagnostica per immagini, è impossibile stabilire con certezza se si tratta di un’emorragia o di un’occlusione vascolare. Se si trattasse di ictus emorragico, cioè di un’emorragia cerebrale, l’aspirina potrebbe peggiorare notevolmente la situazione inibendo la coagulazione del sangue. 

Il paziente colpito da ictus deve essere messo in una determinata posizione? Gli si può dare da bere, per esempio?
In genere, la persona deve essere lasciata in posizione supina. Se vomita o non è cosciente, deve essere messa su un fianco; in caso di problemi cardiaci acuti/difficoltà respiratorie, deve essere messa in posizione semiseduta. È importante non farsi prendere dal panico e rassicurare la persona: questo può aiutare ad alleviare eventuali difficoltà respiratorie. Si deve evitare la somministrazione di bevande o cibo perché non è raro che le persone colpite da ictus abbiano problemi di deglutizione.

Qual è il ruolo degli anticoagulanti nel trattamento acuto?
Nel caso degli ictus ischemici – quelli causati dall’ostruzione di un vaso sanguigno nel cervello – la cosiddetta trombolisi endovenosa è una componente centrale del trattamento acuto. Entro quattro ore e mezza dall'inizio dei sintomi, si deve somministrare in vena un medicamento che scioglie il coagulo in modo da ripristinare prima possibile il flusso sanguigno nella regione del cervello interessata.

Se l’occlusione interessa arterie cerebrali più grandi, si può eseguire, in aggiunta o in alternativa, un intervento endovascolare tramite catetere cerebrale entro otto ore dall’inizio dei sintomi. 
Nelle stroke unit e negli stroke center possiamo anche servirci di immagini speciali di sezioni del cervello per identificare i pazienti nei quali i sintomi sono potenzialmente o effettivamente insorti al di fuori di questa rigida finestra temporale di 4,5 o 8 ore ma che potrebbero beneficiare di un trattamento acuto.

Quanto è alto il rischio di un secondo ictus?
È di circa una persona su otto nell’orizzonte di cinque anni: il rischio è particolarmente elevato nel primo anno successivo all’evento. Per questo motivo sono frequenti i controlli di follow-up dopo tre mesi e dopo un anno, al fine di monitorare la progressione dell’aterosclerosi delle arterie che portano sangue al cervello, determinate aritmie come la fibrillazione atriale e il controllo ottimale di fattori di rischio come l’ipertensione, il colesterolo o il fumo. In questo caso, è importante e preziosa una stretta collaborazione con i colleghi soprattutto della medicina di famiglia e della cardiologia.

Anche gli ictus lievi o gli attacchi ischemici transitori (TIA) – ovvero disturbi circolatori temporanei che non provocano danni permanenti – sono campanelli d’allarme da non sottovalutare che meritano un’indagine approfondita. Offrono un’importante finestra temporale per prevenire eventi più gravi e anch’essi dovrebbero essere diagnosticati e dovutamente trattati in centri specializzati.

In che modo si può prevenire l’ictus?
Si agisce, da un lato, sulla regolazione ottimale dei fattori di rischio vascolare e, dall’altro, sul trattamento mirato delle cause specifiche.

A differenza dei fattori di rischio non modificabili, come l’età, il sesso, la predisposizione genetica e l’etnia, il controllo ottimale dei fattori di rischio modificabili, in particolare l’ipertensione e il consumo di nicotina, sono decisivi per la prevenzione dell’ictus. È inoltre importante tenere sotto controllo il diabete mellito e il colesterolo alto e ridurre il consumo eccessivo di alcol. Praticare un’attività fisica regolare – anche solo una passeggiata quotidiana o un moderato allenamento di resistenza – e adottare una dieta equilibrata, preferibilmente mediterranea, contribuiscono in maniera significativa a ridurre il rischio. Ciò che caratterizza una dieta equilibrata è un’elevata proporzione di frutta, verdura, cereali integrali, acidi grassi insaturi (come quelli contenuti nell'olio d'oliva o nella frutta a guscio. Diversi studi dimostrano che combinando queste misure si può ridurre fino all’80 per cento il rischio di ictus: un dato davvero impressionante.

L’obiettivo, dopo un ictus, è anche identificarne precisamente la causa per prevenire in modo mirato un secondo episodio. A tal fine si deve escludere la presenza di aritmie, come la fibrillazione atriale, che può essere trattata con una terapia farmacologica, e procedere a una diagnosi di stenosi delle arterie carotidee che, in taluni casi, può essere risolta per via chirurgica o tramite stent.

Cosa accade se si riconosce subito un ictus e non si interviene in tempo?
Le conseguenze di un mancato intervento possono essere gravi: in circa la metà dei casi ci si riprende quasi del tutto grazie ai grandi progressi fatti nel campo delle terapie e nel follow-up. Tuttavia, in un terzo circa restano menomazioni permanenti e in circa il 15 per cento si muore. Prima si inizia il trattamento, idealmente entro quattro ore e mezza, maggiori sono le possibilità di recupero.

Gli ictus che colpiscono inosservati durante il sonno sono particolarmente preoccupanti. Circa un quarto dei pazienti si accorge dei sintomi solo al mattino, al risveglio. Poiché si comincia a contare dall’ora dell’ultimo stato di normalità, di solito quando si va a letto, molti non rientrano formalmente nella finestra di trattamento. Oggi, però, grazie alla moderna diagnostica per immagini, è spesso possibile valutare se c’è ancora del tessuto cerebrale recuperabile, indipendentemente dall’ora. Pertanto anche questi pazienti possono beneficiare di una terapia mirata: un enorme progresso degli ultimi anni.

La moderna medicina propone nuovi approcci terapeutici per l’ictus?
Sì, attualmente si sta lavorando a molte innovazioni al fine di migliorare la diagnosi e la prevenzione, come le TAC mobili nelle ambulanze, gli interventi con cateteri controllati a distanza e i biomarcatori del sangue o delle immagini. Interessanti sviluppi si stanno avendo anche a livello farmacologico, allo scopo di ridurre le reazioni infiammatorie nel cervello o per sostenere la neuroriabilitazione.

E dopo l’ictus, di quale supporto possono usufruire i pazienti e i loro familiari?
Per molti pazienti la fase successiva al trattamento acuto è particolarmente impegnativa dal punto di vista fisico, emotivo e sociale. Ecco perché diventa sempre più importante la neuroriabilitazione che mira a promuovere l’autonomia del paziente, migliorarne la qualità della vita e a reintegrarlo nella vita quotidiana, nella famiglia o nel mondo del lavoro.

Mentre il trattamento acuto dell’ictus, la prevenzione secondaria, la neuroriabilitazione e l’assistenza medica post-operatoria sono già pilastri fissi e consolidati della catena dell’ictus, acquista sempre più importanza anche la questione «Life After Stroke». C’è un evidente bisogno di persone di riferimento e di servizi di supporto che prendano in carico gli aspetti sociali, psicologici e pratici del quotidiano dopo il trattamento ospedaliero.

È qui che entrano in gioco le organizzazioni specializzate e le reti di pazienti. Dagli opuscoli ai corsi di riabilitazione, la Fondazione Svizzera di Cardiologia offre informazioni complete, consulenza e sostegno ai pazienti e ai loro familiari. Altrettanto impegnata è l’associazione FRAGILE Suisse, specializzata nel sostegno alle vittime di ictus e di altre lesioni cerebrali. Entrambe le organizzazioni offrono anche gruppi di auto-aiuto e programmi peer-to-peer in cui persone con esperienze simili forniscono un sostegno prezioso, da pari a pari e con grande comprensione. Di recente Fragile Suisse ha lanciato il progetto LOTSE che accompagna e sostiene pazienti e familiari nella fase di passaggio dal trattamento ospedaliero a quello di follow-up, colmando così il divario tra i percorsi di cura ospedalieri e ambulatoriali.

Questi servizi hanno ricevuto un’ottima accoglienza perché insieme si possono superare meglio tante sfide – dal reinserimento ai problemi quotidiani. Durante i controlli di follow-up negli ambulatori delle stroke unit e degli stroke center, così come negli studi dei medici di base, ci si premura sempre più di informare e indirizzare attivamente i pazienti verso questi servizi.

È cambiato il numero di ictus in Svizzera negli ultimi anni?
Sì, il numero di ictus in assoluto è leggermente aumentato e attualmente si attesta a poco più di 20’000 casi l’anno. Tale aumento è dovuto in parte alla crescita e all’invecchiamento della popolazione e in parte alle migliori possibilità diagnostiche e al fatto che un maggior numero di pazienti può raggiungere un ospedale specializzato e ricevere un trattamento.

PD Dr. med. Timo Kahles, Kantonsspital Aarau AG 

 

PD Dr. med. Timo Kahles, Ospedale cantonale di Aarau

Medico dirigente di neurologia
Co-responsabile Stroke Center

Non utilizzate queste informazioni come base assoluta per le decisioni sulla salute. In caso di problemi alla salute consultate il vostro medico o farmacista. Navigare su internet non sostituisce la consultazione medica.

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