Bruciore dietro lo sterno: tema reflusso

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Sorgente: TCS Info Feed

L’acidità di stomaco è un disturbo molto diffuso che si manifesta quando i succhi gastrici risalgono dallo stomaco all’esofago. Ecco che cosa ne pensano gli esperti:

Dr. med. Beat Muggli, specialista FMH in chirurgia, direttore clinico e primario chirurgia.

Dr. med. Yves Borbély, specialista FMH in chirurgia, medico responsabile per la chirurgia viscerale.

Il succo gastrico è acido, perché serve alla digestione e a uccidere agenti patogeni. Di solito, il rivestimento della membrana mucosa dello stomaco è resistente al continuo contatto con questo acido. Ciò è diverso per quello che riguarda le mucose fuori dallo stomaco: in genere, lo sfintere gastroesofageo, ovvero la valvola che apre e chiude il passaggio tra l’esofago e lo stomaco, impedisce al succo gastrico di ritornare nell’esofago (reflusso).

Quando la sua funzione è disturbata, ma anche dopo abbondanti pasti, in caso di frattura, di diaframma rialzato oppure in caso di forte obesità, il succo gastrico può risalire, provocando spesso una sgradevole sensazione di bruciore che può arrivare anche fino alla faringe o alla cavità orale. Oppure a un’irritazione delle vie respiratorie.

Non si tratta sempre di una malattia
La risalita dei succhi gastrici dopo avere mangiato è normale e succede a tutti, senza che ce se ne accorga. Anche bruciore di stomaco e rigurgiti occasionali possono succedere, senza che vi sia una malattia. Disturbi di questo genere sono relativamente frequenti. Dal 10 al 20 percento della popolazione soffre da una a due volte alla settimana di questi sintomi, che non si sviluppano ulteriormente.

Il motivo perché qualcuno abbia più reflusso e problemi di altri individui non può sempre essere chiarito. Quando l’acido gastrico o il cibo risale a più riprese per un periodo prolungato, significa che si è in presenza di un reflusso anormale. Ma pure pasti abbondanti, soprattutto la sera, pasti grassi e forte sovrappeso possono essere all’origine di questo disturbo. Individui con sovrappeso patologico non avvertono nessun sintomo, neanche in caso di malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE).

Diversi sintomi
Una MRGE non provoca per forza sintomi percepibili, e può per questo rimanere del tutto inosservata. I disturbi più tipici sono acidità di stomaco e una sensazione di bruciore nel petto o dietro lo sterno. Pure rigurgiti o un gusto acido in bocca possono indicare la presenza di una MRGE. Un sintomo evidente è la risalita di succo gastrico verso la faringe. Il bruciore di stomaco, ovvero una sensazione di bruciore nella parte superiore dello stomaco, può indicare un aumento del reflusso.

I problemi legati al reflusso si presentano soprattutto dopo i pasti, quando ci si china in avanti oppure la sera tardi, quando si va a coricarsi. Sintomi non tipici, ma abbastanza diffusi, che spingono le persone colpite a pensare dapprima ad altre patologie sono per esempio raucedine, tosse oppure asma. L’acido contenuto nel succo gastrico può causare pure infiammazioni della faringe e danneggiare lo smalto dentario.

Farmaci per neutralizzare l’acidità
Una MRGE deve essere trattata, altrimenti l’esofago può essere danneggiato. In casi occasionali di acidità di stomaco dopo la cena, aiutano farmaci ottenibili in farmacia senza prescrizione medica. I cosiddetti antiacidi sono composti di idrossido di alluminio e di magnesio. Essi rivestono la superficie del contenuto dello stomaco di uno strato protettivo neutrale e, in caso di reflusso, lo accompagnano nell’esofago, dove ne proteggono la mucosa dall’aggressivo acido gastrico.

Altri farmaci impiegati in caso di acidità di stomaco sono gli inibitori di acidità a basso dosaggio, che fanno produrre allo stomaco meno acido. Questi sono disponibili su prescrizione medica e possono essere assunti anche a discrezione del paziente, in modo permanente o secondo il bisogno. Essi possono tuttavia avere effetti secondari, e per oltre il 30 percento delle persone colpite possono non avere alcun effetto o perderlo con il passare del tempo.

Una gastroscopia fornisce chiarezza
Se i disturbi legati al reflusso appaiono di frequente o persistono per interi giorni si consiglia di recarsi dal proprio medico di fiducia. Per la maggior parte delle persone colpite, un reflusso cronico (con o senza sintomi) non provoca danni conseguenti alla mucosa interna dell’esofago. Per una parte dei pazienti tuttavia il reflusso provoca un’infezione con lesioni superficiali (MRGE).

In alcuni casi, il tessuto riesce a cicatrizzarsi da sé. In altri, la MRGE può svilupparsi ulteriormente, nel peggiore dei casi in un esofago di Barrett. Il rischio che questa trasformazione della mucosa comporti un mutazione maligna non è elevato, ma è comunque importante osservarla ed eventualmente intervenire.

Una MRGE può essere scoperta solo per mezzo di una gastroscopia, che consiste nell’introduzione di una sottile sonda mobile provvista di luce, videocamera e in certi casi di strumenti per il prelevamento di tessuti nello stomaco, passando dall’esofago e dalla bocca. Se dopo due settimane di assunzione di appositi farmaci i sintomi non se ne vanno o se oltre al reflusso subentrano altri sintomi allarmanti, per escludere complicazioni o malattie maligne dell’esofago o dello stomaco deve in ogni caso essere eseguita una gastroscopia. Sintomi allarmanti sono per esempio anemia, perdita di peso e difficoltà e dolori nel deglutire.

Quando sottoporsi a una gastroscopia
A partire dal 50esimo anno di vita, in caso di problemi legati al reflusso si raccomanda una gastroscopia, anche in assenza di ulteriori sintomi. Se la gastroscopia viene eseguita quando si assumono farmaci contro l’acidità per un certo lasso di tempo può succedere che l’infezione non sia più visibile.

In questi casi o in caso di reflusso senza infezione può essere necessario controllare il reflusso per 24 ore. Se la gastroscopia non ha rivelato nessun’infiammazione dell’esofago e se non vengono constatati ulteriori danni, sarà necessario procedere a un’ulteriore gastroscopia solamente se i sintomi cambiano. Se essa invece rivela infiammazioni o altri danni, dovranno essere eseguite ulteriori gastroscopie.

Terapia chirurgica
Se la funzione dello sfintere è ridotta, si può procedere a un miglioramento chirurgico. Per fare ciò, il medico esegue quattro piccoli intagli nella pelle e con le parti superiori dello stomaco crea una tasca intorno all’esofago (fundoplicatio). Poiché esistono farmaci efficaci per curare questo disturbo, solo per una piccola parte dei pazienti è davvero sensato procedere all’intervento.

Una ragione per farlo è in caso di un massiccio reflusso, in cui lo sfintere gastroesofageo manca del tutto e il bolo alimentare risale sempre e in grandi quantità verso la cavità orale, per esempio quando ci si china in avanti o ci si sdraia. Un quinto delle persone operate soffre tuttavia anche dopo l’intervento di problemi legati al reflusso e deve continuare ad assumere farmaci. In pochi casi, l’intervento può causare nel paziente un’incapacità di ruttare o di rimettere oppure forte flatulenza.

Un pacemaker per lo sfintere gastroesofageo
Esiste un metodo relativamente nuovo che sembra promettere successo: l’inserimento di uno stimolatore grande quanto una moneta da cinque franchi, che funziona in modo simile a un cardiostimolatore, ovvero da impulsi elettrici al muscolo, per permettergli di riprendere a funzionare. Per chi le terapie standard non possono essere impiegate, il cosiddetto Endostim rappresenta la scelta privilegiata.

Esso viene applicato sotto la pelle, degli elettrodi vengono collegati allo sfintere, tra lo stomaco e l’esofago, facendoli passare attraverso la parete dell’addome. Questo intervento è reversibile, infatti l’apparecchio può essere di nuovo rimosso. I pazienti trattati con questo metodo soffrono molto meno di problemi di reflusso e di effetti secondari, e non devono più assumere farmaci.

Negli individui con sovrappeso patologico che sono stati sottoposti a un intervento di riduzione dello stomaco, questo stimolatore può evitare che la differenza di volume dello stomaco abbia ripercussioni negative sul reflusso. Questo procedimento è stato eseguito per la prima volta a livello europeo all’Inselspital, e finora le esperienze sono state totalmente positive.

Evitare il reflusso:

  • Dimagrire: il sovrappeso aumenta la pressione sulla cavità addominale.
  • Non fumare: fumare danneggia la funzionalità di chiusura dello sfintere gastroesofageo, la valvola di chiusura tra lo stomaco e l’esofago.
  • Mangiare in modo consapevole: pasti grassi, voluminosi, bruciati, alcol, caffè e tè provocano reflusso.
  • Cenare più presto: mangiando tardi, quando ci si corica si corre il rischio di reflusso.
  • Sollevare la testa: mettendo un cuscino sotto la testa o sollevando la parte del letto in cui si appoggia la testa si riduce il reflusso.



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